BENJAMIN BRITTEN
Variazioni su un tema di Frank Bridge op. 10
SAMUEL BARBER
Adagio per archi
ANTONÍN DVOŘÁK
Serenata op. 22 (B. 52)
Direttore
Wolfram Christ
Orchestra dell’Opera Carlo Felice Genova
Le Variazioni su un tema di Frank Bridge per orchestra d’archi sono state il primo grande successo internazionale di Benjamin Britten. La composizione terminò nel luglio del 1937, con la prima esecuzione il 28 agosto successivo al Festival di Salisburgo. Britten, appena ventiquattrenne, si affacciava sul panorama internazionale con un lavoro dedicato a Frank Bridge, che in quanto insegnante di composizione aveva avuto un ruolo fondamentale nella formazione del giovane. La forma del tema con variazioni si rivelò decisamente efficace nell’esposizione di una vera e propria poetica attraverso la rielaborazione di diverse influenze del sinfonismo europeo. A partire dal tema di partenza, tratto dal secondo dei Tre idilli di Bridge, del 1910, ciascuna delle dieci variazioni rimanda a un particolare genere e stile – si alternano tra le altre l’aria all’italiana, la bourrée classica, il valzer viennese e ancora la fuga. Nel suo grande omaggio al Maestro Bridge, ma anche alla tradizione musicale europea, Britten riesce a mettere bene in luce il proprio linguaggio, tonale ma già rivolto ad una ricerca personale che si sviluppa a partire dal frequente uso di cromatismi e dissonanze.
Il celebre Adagio per archi di Samuel Barber nasce come secondo movimento del suo Quartetto per archi op. 11 quando il compositore, vincitore del Prix de Rome e di una borsa di studio, soggiornava a Roma. Dopo la prima fortunata esecuzione del Quartetto nel dicembre del 1936, Barber decise di trascrivere l’Adagio per orchestra d’archi. Sembra che sia stato Arturo Toscanini a suggerire la trascrizione, della quale fu il primo direttore a New York il 5 novembre 1938. Il grande successo ne ha fatto un brano simbolico soprattutto nella cultura americana, l’Adagio è stato eseguito in occasioni di grande rilevanza storica, come i funerali dei presidenti Roosevelt e Kennedy, per essere inoltre impiegato nella colonna sonora di diversi film quali The Elephant Man di David Lynch e Platoon di Oliver Stone. La fonte d’ispirazione alla composizione è di natura letteraria, Barber era infatti un appassionato umanista. Da un passo delle Georgiche di Virgilio in cui viene descritto un rigagnolo d’acqua che scorrendo irrora i campi arsi ridando loro vita, il compositore trasse l’idea di un brano che si dischiude a partire da un tema lirico e sinuoso affidato in apertura ai violini, e che con la ripresa delle altre sezioni e infine dell’intera orchestra generasse un climax dal carattere toccante ed epico.
Con la Serenata per archi op. 22, composta in soli pochi giorni nel 1875, Antonín Dvořák decise di sperimentare un ritorno allo stile classico viennese che aveva caratterizzato la sua produzione nei primi anni di attività. Mantenendo l’idea di una composizione che rispettasse la suddivisione in movimenti derivanti dalla sonata classica e dalla suite, il compositore realizzò la Serenata in cinque tempi: Moderato, Tempo di Valse, Scherzo, Larghetto e Finale. Ciascun movimento riprende internamente le strutture consacrate dal classicismo, per lo più seguendo lo schema A- B- A, passando dal cantabile, al valzer lento, al giocoso, al lirico e infine al vivace. Rimane evidente l’invenzione melodica riferita al folklore boemo, una ricerca centrale nello stile di Dvořák. La prima esecuzione si tenne il 10 dicembre 1876 a Praga, e riscosse l’ammirazione di diverse personalità influenti, tra le quali Johannes Brahms e il critico Eduard Hanslick.
Ludovica Gelpi