Opera in tre atti di Benjamin Britten
su libretto proprio e di Peter Pears,
dalla commedia di William Shakespeare
Personaggi e interpreti:
Oberon
Christopher Ainslie
Tytania
Sydney Mancasola
Puck
Matteo Anselmi
Theseus
Scott Wilde
Hippolyta
Kamelia Kader
Lysander
Peter Kirk
Demetrius
John Chest
Hermia
Annie Reilly
Helena
Keri Fuge
Bottom
David Shipley
Quince
David Ireland
Flute
Seumas Begg
Snug
Sion Goronwy
Snout
Robert Burt
Starveling
Benjamin Bevan
Cobweb
Michela Gorini
Peaseblossom
Sofia Macciò
Mustardseed
Lucilla Romano
Moth
Eliana Uscidda
Maid / Thisby
Adriana di Paola
Changeling
Zeyad Mohammed Al Amri
Mimo acrobata
Davide Riminucci
Mimi
Armando De Ceccon, Francesco Tunzi
Maestro concertatore e direttore d’orchestra
Donato Renzetti
Regia
Laurence Dale
Scene e costumi
Gary McCann
Coreografia e regista collaboratore
Carmine De Amicis
Luci
John Bishop
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova
in collaborazione con Royal Opera House di Muscat (Oman)
Orchestra, Coro di voci bianche e Tecnici dell’Opera Carlo Felice
Maestro del Coro di voci bianche Gino Tanasini
L’opera in breve
di Ludovica Gelpi
Nell’agosto del 1959, Benjamin Britten decise di comporre un’opera che potesse andare in scena nel giugno successivo, in occasione della riapertura della Jubilee Hall di Aldeburgh – sede del famoso festival fondato dal compositore nel 1948. La scelta del soggetto shakespeariano fu dovuta alla passione del compositore per il lavoro di Shakespeare e anche alla possibilità di adattare in tempi rapidi il testo teatrale in libretto d’opera. L’operazione di adattamento si svolse in collaborazione con il compagno Peter Pears e con l’obiettivo seguire piuttosto fedelmente l’originale, con modifiche minori volte a rendere più scorrevole la trama. Nonostante una prima accoglienza tiepida, A Midsummer Night’s Dream è oggi considerata una delle migliori opere di Britten.
Nella trasposizione della commedia, il compositore sfrutta a pieno il potenziale drammaturgico del soggetto shakespeariano, sia mettendo ben in evidenza i tre piani narrativi (il regno delle fate, le vicende dei giovani ateniesi innamorati, il gruppo di artigiani aspiranti attori), sia amplificando l’elemento che si pone come collante dei tre piani, ovvero l’atmosfera onirica e fantastica della notte di mezza estate. Proprio questa atmosfera, cuore del fascino della pièce di Shakespeare, grazie alla musica viene ricreata con intensa efficacia. Nella scrittura di Britten, sempre molto personale e sperimentale (soprattutto sul piano timbrico), sono inserite diverse citazioni alla storia dell’opera. Questa scelta nasce dal desiderio di sottolineare gli elementi che il testo teatrale ha in comune con le più amate trame operistiche, quasi un tributo alla storia dell’opera che si realizza non solo sul piano drammaturgico, ma anche su quello musicale. Così facendo, Britten asseconda inoltre una tendenza all’enciclopedismo squisitamente tardo-novecentesca. Tra gli espedienti che il compositore impiega troviamo una speciale attenzione ai registri vocali. L’utilizzo delle voci bianche per il gruppo delle fate accende immediatamente la fantasia dell’ascoltatore, proiettandolo nella dimensione fantastica della storia; per lo stesso motivo Britten sceglie l’inusuale registro di controtenore per uno dei protagonisti maschili, Oberon, che si connota quindi anche vocalmente come Re delle fate. Sono poi presenti diverse citazioni popolari e ironiche, quasi parodie, nelle sezioni dedicate agli artigiani che invece rappresentano la dimensione più reale, in particolare una parodia di Lucia di Lammermoor presente nella sezione metateatrale del terzo atto. Si pone nella stessa ottica anche la scrittura di un patetismo talvolta esasperato negli interventi di Titania, figura ispirata alle più amate eroine della storia del melodramma.
Benedetto Croce scriveva del Sogno: «le rapide accensioni, le incostanze, i capricci, le illusioni e le delusioni, le follie d’ogni sorta dell’amore si danno un corpo e tessono un loro mondo così vivo e reale come quello degli uomini che quegli affetti visitano, estasiandoli e tormentandoli, innalzandoli e abbassandoli; sicché tutto vi è parimente reale e parimente fantastico, secondo meglio piaccia chiamarlo. Il senso del sogno, di un sogno-realtà, permane e impedisce ogni freddezza di allegoria e di apologo». La lettura britteniana di Shakespeare mette ben a fuoco questo scontro-incontro tra fantastico e reale come elemento centrale della narrazione. La varietà espressiva della scrittura di Britten è quindi finalizzata alla descrizione musicale delle due dimensioni – con tutte le loro sfaccettature – e dei modi in cui interagiscono. Proprio perché l’attenzione è focalizzata sulla misteriosa compresenza del reale e del fantastico, la stessa varietà espressiva che li descrive si presenta compatta e coerente.