ROSALBA QUINDICI
Dalla camera oscura (Omaggio a Mimmo Jodice)
per pianoforte preparato, elettronica e immagini
ARNOLD SCHÖNBERG
Sei piccoli pezzi per pianoforte, op. 19
OLIVIER MESSIAEN
Le courlis cendré
TRISTAN MURAIL
La Mandragore
JONATHAN HARVEY
Tombeau de Messiaen
Pianoforte
Emanuele Torquati
Regia delle immagini
Rosalba Quindici
Regia del suono
Martino Sarolli
In collaborazione con Conservatorio Niccolò Paganini di Genova
Il programma del concerto Avanguardie si apre con Dalla camera oscura di Rosalba Quindici, che presenta così il suo lavoro: «Dalla camera oscura è un’opera intermediale per pianoforte preparato, immagini ed elettronica commissionatami nel 2023 dal Museo di Capodimonte. Il lavoro è articolato in diversi pannelli musicali, il cui nucleo generatore è costituito da alcune fotografie di Mimmo Jodice e da suoni/rumori prodotti dal fotografo al lavoro nella sua camera oscura. Tale materiale è stato da me registrato – con l’aiuto di Barbara Jodice (figlia dell’artista) – e manipolato ricorrendo all’uso dell’elettronica. Quest’ultima è però solo una delle due componenti della partitura, l’altra è costituita dal pianoforte preparato, dunque timbricamente trasmutato per effetto di oggetti e materiali inseriti in cordiera con l’obiettivo di creare un transito straniante tra i suoni della camera oscura e quelli dello strumento in scena: mia personale camera oscura che risuona “per simpatia” con quella di Jodice. La performance prevede alle spalle del pianoforte uno schermo su cui proiettare alcune delle fotografie di Jodice che hanno ispirato il lavoro e che ripercorrono il suo itinerario artistico attraversandone alcuni dei momenti più significativi, che vanno dai mondi immaginifici di Punta Pedrosa a quelli delle serie Eden e de La Città invisibile, passando attraverso le fotografie che attestano l’attenzione di Jodice per i temi sociali, come quelle dedicate all’Ospedale psichiatrico e al duro lavoro nelle acciaierie di Terni».
Seguono i Sei piccoli pezzi per pianoforte di Arnold Schönberg, composti nel 1911. Nel ciclo di sei brani, il compositore prosegue nella sua ricerca volta allo sviluppo di nuove possibili corrispondenze tra gradi secondo il principio di «emancipazione della dissonanza». Si mantiene per tutta la raccolta un’attitudine intimista e riflessiva, dove la sonorità limpida e cristallina dello strumento viene razionalizzata ed esplorata nella sua essenziale immediatezza, con la prevalenza delle dinamiche Piano e Pianissimo la durata breve di ciascuno dei brani.
Le courlis cendré (Il chiurlo) di Olivier Messiaen fa parte della raccolta di tre brani Catalogue d’oiseaux (1956-1958). Ogni brano dedicato a una provincia francese e reca per titolo il nome dell’uccello tipico della regione. Il compositore ricreò quindi tre paesaggi sonori ispirandosi al mondo dell’ornitologia, del quale lo appassionava la varietà fonica. A questa ispirazione si aggiungono i tratti caratteristici del suo stile: l’uso libero della modalità sia nelle linee melodiche sia nella costruzione degli accordi e la centralità del ritmo e del colore timbrico.
La mandragore, di Tristan Murail, è un brano per pianoforte del 1993. Il compositore si ispira come Messiaen al mondo della natura, nonché ad un brano di Ravel: «La mandragola, una pianta mediterranea, era utilizzata nella stregoneria per i suoi poteri magici. Secondo la leggenda, cresce sotto la forca, dove un impiccato si dondola. Questo “mandragore” musicale cresce all’ombra del “gibet” [riferimento a La forca, da Gaspard de la nuit] di Ravel. Il “mandragore” conserva dalla “gibet” l’idea degli ostinati, un certo ambiente sonoro e colori armonici che riecheggiano Ravel, anche se si basano su concetti molto diversi. La musica si sviluppa come una spirale incentrata su diversi ostinati di ritmo, colore e timbro – cinque accordi “spettrali” di aspetto variabile ruotano tra i bracci di questa spirale».
Tombeau de Messiaen, di Jonathan Harvey è un brano del 1994 per pianoforte ed elettronica, basato sulla distorsione del suono ‘reale’ del pianoforte grazie alla sovrapposizione con un pianoforte registrato il cui suono è modificato elettronicamente. Si coglie nella linea del primo pianoforte l’omaggio allo stile di Messiaen, la cui impressione restituita dalla distorsione elettronica è come quella di un lontano ricordo al quale si intrecciano altre sfere dell’inconscio, un risultato sonoro che il compositore descrive come un «muoversi dentro e fuori l’esattezza».
Ludovica Gelpi