FELIX MENDELSSOHN
Sinfonia n. 10 in si minore per orchestra d’archi
FELIX MENDELSSOHN
Salmo 42 “Wie der Hirsch schreit nach frischem Wasser” per soprano,
coro e orchestra op. 42
GIUSEPPE VERDI
I vespri siciliani: Le quattro stagioni
Soprano
Jodie Devos
Direttrice
Speranza Scappucci
Orchestra e Coro dell’Opera Carlo Felice Genova
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
La Sinfonia n. 10 in si minore per archi fa parte di un gruppo di tredici sinfonie per archi che Mendelssohn compose tra il 1821 e il 1823. Si tratta delle prime prove di un Mendelssohn nemmeno quattordicenne che, da vero enfant prodige, mostrava già l’importante influenza del classicismo viennese sulla sua scrittura, nonché una solida conoscenza del contrappunto di ispirazione bachiana e händeliana. La Sinfonia n. 10, che come le altre era stata pensata per essere eseguita in un contesto quasi cameristico, quello dei concerti privati in casa, è caratterizzata da una serenità imperturbabile. La struttura è di fatto costituita da un solo movimento in forma-sonata, l’Allegro, avendo l’Adagio una funzione introduttiva. A questa introduzione lenta e meditativa, ma sempre in chiave leggera, segue un Allegro dal carattere brillante, vivace e scorrevole.
I tre Salmi 42, 95 e 115 costituiscono una parte fondamentale della produzione di musica sacra di Mendelssohn. Il Salmo 42 fu probabilmente quello di maggior successo, complice anche la particolare intensità del testo, che è stato tradotto in tedesco e leggermente modificato, non è infatti ripreso integralmente. Nel comporre la musica Mendelssohn si è probabilmente ispirato a certi tratti del belcanto italiano (la composizione iniziò proprio durante il suo viaggio di nozze in Italia). Alle parole forti del testo viene accostata una musica che ancora una volta tende verso una dimensione serena, al punto che il piano letterario e quello musicale appaiono a tratti quasi in contrasto. È stata inoltre del compositore la scelta di inserire un ultimo verso in conclusione al coro finale, ovvero una Lode a Dio, a determinare una definitiva vena di speranza e positività. Il compositore era particolarmente affezionato a questo Salmo, ma dello stesso anche Schumann ebbe a dire che si trattava della vetta più alta raggiunta da Mendelssohn nell’ambito della musica sacra. Le quattro stagioni, Quatre Saisons, è un balletto che Verdi compose per la scena della festa nel terzo atto del grand opéra Les Vêpres Siciliennes, il cui debutto si tenne a Parigi nel 1855. In apertura, una sezione intitolata Promenade, nella quale il dio Giano, che governa l’anno, introduce le personificazioni delle quattro stagioni, a ciascuna delle quali è dedicata un’azione. Nel segmento finale, pas de quatre, le stagioni si trovano riunite insieme nella danza. Si tratta del secondo di tre balletti composti da Verdi – preceduto da quello dei Lombardi alla prima Crociata e seguito da quello presente nella versione francese del Trovatore – e anche del più lungo. Se appare evidente che la scrittura musicale non sia del tutto allineata con gli aspetti prettamente coreutici, come avveniva spesso al tempo, dati i significativi progressi che la danza aveva visto a partire dagli anni Trenta del secolo, che non avevano ancora un corrispettivo appropriato nella musica per danza, l’orchestrazione di Verdi si rivela comunque sapiente, vivace e ricca di espedienti originali e inventiva melodica. Non sono poche le occasioni di grande espressività musicale, a determinare l’autonomia delle Quattro stagioni come brano sinfonico, non a caso ricorrente nei repertori di molte orchestre.