Dramma storico in quattro quadri di Umberto Giordano, libretto di Luigi Illica
Allestimento della Fondazione Teatro Comunale di Bologna e dell’Opéra Garnier Monte-Carlo
Personaggi e interpreti:
Andrea Chénier
Fabio Sartori
Carlo Gérard
Amartuvshin Enkhbat
Stefano Meo (9,12)
Maddalena di Coigny
Maria Josè Siri
Valentina Boi (9, 12)
La mulatta Bersi
Cristina Melis
La contessa di Coigny
Siranush Khachatryan
Madelon
Manuela Custer
Roucher
Nicolò Ceriani
Fléville
Matteo Peirone
Fouquier Tinville
Marco Camastra
Mathieu
Luciano Roberti
Un incredibile
Didier Pieri
L’abate
Gianluca Sorrentino
Il maestro di casa
Franco Rios Castro
Dumas
Angelo Parisi
Schmidt
Andrea Porta
Maestro concertatore e direttore
Donato Renzetti
Regia
Pier Francesco Maestrini
Scene e video
Nicolás Boni
Costumi
Stefania Scaraggi
Coreografia
Silvia Giordano
Luci
Daniele Naldi
Orchestra, Coro e Tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance” ETS
Direttore allestimenti scenici
Luciano Novelli
Direttore musicale di palcoscenico
Simone Ori
Maestri di sala
Sirio Restani, Antonella Poli
Maestri di palcoscenico
Andrea Gastaldo, Anna Maria Pascarella
altro Maestro del Coro
Patrizia Priarone
Maestro alle luci
Luca Salin
Maestro ai sopratitoli
Simone Giusto
Responsabile archivio musicale
Simone Brizio
Direttore di scena
Alessandro Pastorino
Responsabile movimentazione consolle
Andrea Musenich
Caporeparto macchinisti
Gianni Cois
Caporeparto elettricisti/cabina luci
Marco Gerli
Caporeparto attrezzisti
Tiziano Baradel
Caporeparto audio/video
Walter Ivaldi
Caporeparto sartoria, calzoleria, trucco e parrucche
Elena Pirino
Coordinatore trucco e parrucco
Raul Ivaldi
Assistente alla regia
Silvia Giordano
Assistente light designer
Paolo Bonapace
Scene, attrezzeria e costumi
Fondazione Teatro Comunale di Bologna, Opéra Garnier Monte-Carlo
Attrezzeria
E. Rancati
Costumi
Sartoria Cimec di Mario Brancati
Calzature
Epoca
Parrucche
Audello Teatro
Sopratitoli a cura della
Fondazione Teatro Carlo Felice
L’opera in breve
di Ludovica Gelpi
Quando nel 1895 iniziò a lavorare ad Andrea Chénier, Umberto Giordano aveva ventotto anni e tre titoli d’opera all’attivo: il primo – Marina, del 1889 – non era mai stato rappresentato, Mala vita, del 1892, era stato tiepidamente accolto, Regina Diaz, del 1894, era stato un fiasco. Giordano si era da poco trasferito a Milano, dove era entrato in contatto con l’ambiente verista e in particolare con il compositore Alberto Franchetti. Quest’ultimo aveva ricevuto dal librettista Luigi Illica un libretto ispirato alla vita del poeta Andrea Chénier, e proprio a Giordano decise di affidarlo per la realizzazione di un’opera. A lavoro compiuto, nonostante le incertezze dell’editore Sonzogno prima e del Teatro alla Scala poi, la prima rappresentazione di Andrea Chénier il 28 marzo 1896 fu un trionfo. Presto l’opera venne ripresa in Italia e in Europa e ad oggi rimane insieme a Fedora (1898) il maggior successo del compositore.
Il soggetto è appunto ispirato alla vita del poeta francese Andrea Chénier (1762-1794), condannato per i propri ideali filo monarchici e costituzionalisti dal tribunale rivoluzionario e giustiziato in pieno Regime del Terrore. Il primo quadro si ambienta nel palazzo dei Conti di Coigny nel 1789, all’alba della Rivoluzione. Ciascuno dei tre personaggi principali, Chénier, la contessina Maddalena e il servo Gérard, rappresenta un diverso punto di vista sul forte contrasto tra l’aristocrazia dell’Ancien Régime e la tensione sempre più palpabile del popolo. Maddalena è una giovane figlia della nobiltà, si dimostra sensibile, ma non si è mai realmente confrontata con contesti alternativi al suo; Chénier è un artista affermato e inserito nell’alta società, della quale denuncia però la superficialità; Gérard vive in prima persona l’amarezza del popolo, alla fine del primo quadro inizia la “propria rivoluzione” inveendo contro i suoi padroni e licenziandosi. Dal secondo quadro l’ambientazione si sposta nella Parigi del 1794, dove la Rivoluzione ha rovesciato la nobiltà ed è sfociata nel Regime del Terrore di Robespierre. Da qui e sino alla fine del quarto quadro, ciascuno dei personaggi viene travolto dalle contingenze storiche. Maddalena, in quanto ex nobile, è costretta a vivere in miseria e clandestinità. Andrea viene identificato come controrivoluzionario, quindi processato e giustiziato. Gérard è diventato luogotenente di Robespierre, ma presto si renderà conto di aver abbandonato la condizione di servo della nobiltà solo per tornare servo, e questa volta di un regime sanguinario e ormai lontano dagli ideali che aveva promesso.
La tensione politica e sociale va di pari passo con quella amorosa, raccontata nella sua espressione più pura e appassionata con la storia tra Andrea e Maddalena e in quella più morbosa e violenta con l’ossessione di Gérard per Maddalena. L’amore è in quest’opera indissolubilmente legato agli avvicendamenti storici, e con essi evolve. Maddalena e Andrea vivono il sentimento come vera e unica via di salvezza, così forti della loro unione da avanzare insieme verso il patibolo in preda all’estasi. Gérard arriva a voler rapire e poi violentare Maddalena, e solo una volta trovatosi di fronte al vero volto di un sistema oppressivo e corrotto proverà pentimento.
Andrea Chénier viene considerato uno dei capolavori del repertorio verista, eppure il realismo e l’accuratezza della trasposizione storica si coniugano ad una dimensione eroica animata dai profondi ideali e sentimenti che avrebbero potuto abitare un’opera seria di compostezza händeliana. Questo aspetto di per sé drammaturgico ha un’importante ripercussione sul piano musicale e rivela la singolarità dell’incontro tra Illica e Giordano. Da una parte, un librettista in grado di cogliere e rielaborare il potenziale drammatico della storia di Chénier, quasi un eroe per antonomasia. Dall’altra un compositore pronto ad adattare il proprio linguaggio alla miglior espressione possibile del soggetto, in sintonia tanto con la miseria della quotidianità quanto con lo slancio dello spirito in fiamme. Giordano adoperò una scrittura diretta ed efficace, a tratti quasi declamatoria e in questo tipicamente verista, espresse a pieno il proprio talento melodico e la propria vena passionale. A tutto ciò aggiunse il contrasto di tinte più tragiche, che emerge sia nel lirismo di brani celebri come «Un dì all’azzurro spazio» e «La mamma morta», sia nei momenti corali, che trasmettono nelle sue molte sfaccettature l’impeto di una collettività sconvolta.