Tragedia lirica in tre atti
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Francesco Maria Piave, da Byron
LA LOCANDINA
Francesco Foscari
Franco Vassallo
Jacopo Foscari
Fabio Sartori
Lucrezia Contarini
Angela Meade
Jacopo Loredano
Antonio Di Matteo
Barbarigo
Saverio Fiore
Pisana
Marta Calcaterra
Fante
Alberto Angeleri
Servo del Doge
Filippo Balestra
Maestro concertatore
e direttore d’orchestra
Renato Palumbo
Regia e scene
Alvis Hermanis
Costumi
Kristìne Jurjàne
Coreografie
Alla Sigalova
Luci
Gleb Filshtinsky
Video
Ineta Sipunova
Allestimento
Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova
Orchestra, Coro e Tecnici
dell’Opera Carlo Felice Genova
Maestro del Coro
Claudio Marino Moretti
Balletto Fondazione Formazione
Danza e Spettacolo “For Dance” ETS
Direttore allestimenti scenici
Luciano Novelli
Direttore musicale di palcoscenico
Paloma Brito
Maestri di sala
Sirio Restani, Antonella Poli
Maestri di palcoscenico
Andrea Gastaldo, Anna Maria Pascarella
altro Maestro del Coro
Patrizia Priarone
Maestro alle luci
Caterina Galiotto
Maestro ai sopratitoli
Simone Giusto
Responsabile archivio musicale
Simone Brizio
Direttore di scena
Alessandro Pastorino
Vice Direttore di scena
Sumireko Inu
Responsabile movimentazione consolle
Andrea Musenich
Caporeparto macchinisti
Gianni Cois
Caporeparto elettricisti
Giuseppe Carbone
Caporeparto attrezzisti
Tiziano Baradel
Caporeparto audio/video
Walter Ivaldi
Caporeparto sartoria, calzoleria, trucco e parrucche
Elena Pirino
Assistente alla regia
Luca Baracchini
Ripresa coreografie
Irina Kashkova
Assistente ai costumi
Alexandra Nikolaeva
Assistente lighting designer
Gianni Bertoli
Coordinatore trucco e parrucco
Raul Ivaldi
Scene, costumi e attrezzeria
Fondazione Teatro Carlo Felice
Calzature
C.T.C. Pedrazzoli
Parrucche
Mario Audello
Sopratitoli
Prescott Studio
L’opera in breve
di Ludovica Gelpi
Agli inizi degli anni Quaranta dell’Ottocento, Verdi iniziava a comporre un grande numero di opere, ad un ritmo più sostenuto rispetto al periodo precedente. Già conosciuto e relativamente affermato, il compositore aveva allora rappresentato cinque titoli, quattro per il Teatro alla Scala e uno per il Teatro La Fenice. Nel 1844 a marzo andò in scena a Venezia Ernani, appena un mese dopo Verdi si metteva al lavoro per la composizione dei Due Foscari. Iniziava così il periodo che verrà poi chiamato degli ‘anni di galera’, in cui a un’opera seguiva la successiva, per arrivare alla produzione di addirittura due o tre titoli all’anno.
Già con Ernani, Verdi aveva deciso di orientarsi verso soggetti in cui la psicologia dei personaggi era un elemento più centrale e proseguì sulla stessa linea con I due Foscari, scegliendo l’opera teatrale The two Foscari, di Byron, pubblicata nel 1821, un soggetto «delicato ed assai patetico», a cui lavorò con il librettista Francesco Maria Piave. Byron si era ispirato alla figura di Franceso Foscari, doge di Venezia dal 1423 al 1457, riprendendone la storia con qualche modifica minore. Sia il testo di Byron che la versione di Piave vedono centrale il tema del conflitto tra dovere e sentimento.
Ai protagonisti spetta il maggior approfondimento psicologico, a partire da Francesco Foscari, un doge e un padre, impossibilitato a dimostrare l’innocenza de figlio accusato di omicidio, e dunque costretto ad applicare a suo danno la legge. Jacopo dal canto suo è un personaggio che ha qualche tratto dell’eroe romantico decaduto. Legato indissolubilmente alla sua Venezia e alla sua famiglia, ingiustamente accusato, da un lato cerca di tornare, di convincere il padre, di trovare conforto nella speranza di riunirsi alla moglie ai figli; dall’altro è vittima di sentimenti molto negativi e subisce gli eventi attorno a sé senza cercare di determinare in prima persona la propria sorte. Allo stesso modo la moglie, Lucrezia, rimane impotente di fronte alla realtà dei fatti e segue gli sviluppi della trama con crescente disperazione, senza agire. La controparte a questo trio è la figura antagonista, Jacopo Loredano, consigliere del Consiglio dei Dieci e acerrimo nemico dei Foscari. Questi è determinato a vendicarsi del giovane Foscari, poiché l’omicidio di cui era accusato era quello di due membri della sua famiglia. È di fatto l’unico personaggio in cui non esiste conflitto: lui desidera ardentemente l’esilio di Jacopo e la deposizione di Francesco, agisce di conseguenza, con forza e determinazione, e ottiene una vittoria schiacciante su entrambi.
L’azione è quanto mai guidata dall’antagonista, mentre i personaggi positivi, succubi della situazione, sembrano vivere in una dimensione alternativa, quella della riflessione, di chi spera ma presagisce la sconfitta. Si genera dunque un problema fondamentale nella trasposizione in musica, data dallo spazio molto ampio che hanno i personaggi di Francesco, Jacopo e Lucrezia: un problema di cui Verdi si rese conto soltanto in corso d’opera. La presenza quasi totalizzante dei ‘protagonisti immobili’ rende il dramma byroniano affascinante ma non sufficientemente vario quando trasposto in musica. Non ci sono abbastanza elementi di contrasto, la tinta generale rimane tragica e fosca senza cambi di registro o colpi di scena, così la musica si trova a confermare una linea che rimane tale dall’inizio alla fine, senza varietà espressiva. Il risultato non è dunque vicino ai grandi traguardi che hanno reso Verdi un compositore immortale, anche se I due Foscari è un tassello importante di una ricerca che, dall’orchestrazione all’armonia, darà solo pochi anni dopo i propri frutti migliori.