Opera buffa in tre atti
Musica di Gaetano Donizetti
Libretto di Giovanni Ruffini
Solisti dell’Accademia di alto perfezionamento e inserimento professionale dell’Opera Carlo Felice Genova diretta da Francesco Meli
Don Pasquale
Omar Cepparolli
Davide Maria Sabatino (7, 9, 11)
Dottor Malatesta
Nicola Zambon
Francesco Samuele Venuti (7, 9, 11)
Ernesto
Antonio Mandrillo
Marco Ciaponi (7, 9, 11)
Norina
Maria Rita Combattelli
Angelica Disanto (7, 10)
Silvia Caliò (8, 11)
Un notaro
Franco Rios Castro
Matteo Armanino (9, 10, 11)
Maestro concertatore
e direttore d’orchestra
Francesco Ivan Ciampa
Regia
Andrea Bernard
Scene
Alberto Beltrame
Costumi
Elena Beccaro
Luci
Marco Alba
Videomaker
Pierpaolo Moro
Allestimento
Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova
Orchestra, Coro e Tecnici
dell’Opera Carlo Felice Genova
Maestro del Coro
Claudio Marino Moretti
Direttore allestimenti scenici
Luciano Novelli
Direttore musicale di palcoscenico
Paloma Brito
Maestri di sala
Sirio Restani, Antonella Poli
Maestri di palcoscenico
Andrea Gastaldo, Anna Maria Pascarella
altro Maestro del Coro
Patrizia Priarone
Maestro alle luci
Bernardo Pellegrini
Maestro ai sopratitoli
Simone Giusto
Responsabile archivio musicale
Simone Brizio
Direttore di scena
Alessandro Pastorino
Vice Direttore di scena
Sumireko Inui
Responsabile movimentazione consolle
Andrea Musenich
Caporeparto macchinisti
Gianni Cois
Caporeparto attrezzisti
Tiziano Baradel
Caporeparto audio/video
Walter Ivaldi
Caporeparto sartoria, calzoleria, trucco e parrucche
Elena Pirino
Assistente alla regia
Tecla Gucci
Movimenti coreografici
Irina Kashkova
Assistente ai movimenti coreografici
Olga Birukova
Assistente lighting designer
Alberto Rossini
Coordinatore trucco e parrucco
Raul Ivaldi
Scene, costumi e attrezzeria
Fondazione Teatro Carlo Felice
Calzature
C.T.C. Pedrazzoli
Parrucche
Mario Audello
Sopratitoli
Prescott Studio
L’opera in breve
di Ludovica Gelpi
La leggenda narra che la composizione di Don Pasquale sia avvenuta in soli undici giorni. Quale che sia la verità, è accertato che il lavoro fu terminato in tempi brevissimi. Donizetti arrivò a Parigi nell’autunno del 1842 su invito del Théâtre Italien e si mise al lavoro con Giovanni Ruffini, letterato mazziniano rifugiato all’estero per scampare alla pena capitale. Il soggetto fu tratto da un’opera di qualche decennio precedente, Ser Marcantonio di Stefano Pavesi su libretto di Angelo Anelli. Durante la stesura del libretto il compositore impose modifiche radicali al testo di Ruffini, che proprio per questo motivo si rifiutò di firmarlo (sulla partitura originale compare invece la firma di Michele Accursi, anch’egli ex mazziniano rifugiato a Parigi, e in questa fase mediatore tra Donizetti, Ruffini e il Teatro). La prima si tenne il 3 gennaio successivo, l’opera ottenne discreto successo e venne ripresa appena un mese dopo anche al Teatro alla Scala.
Uno degli aspetti più accattivanti del soggetto è che vengono ripresi diversi stilemi della commedia d’arte italiana del Settecento, per poi essere elaborati in una nuova ambientazione e con una assai più specifica caratterizzazione psicologica e giungere quindi ad una narrazione da romanzo ottocentesco. La trama ruota attorno al personaggio di Don Pasquale, scapolo ricco e anziano che prende moglie pur di non lasciare la propria eredità al nipote Ernesto. Quest’ultimo infatti vuole sposare Norina, giovane vedova poco abbiente, invece che una ricca signora. È grazie alle trame del Dottor Malatesta, che architetta un matrimonio improbabile coinvolgendo la furba Norina, che i due giovani innamorati potranno infine sposarsi senza essere diseredati. Il cuore pulsante dal quale si sviluppa l’intera drammaturgia dell’opera è l’ambientazione borghese. La vicenda si svolge nella Roma di inizio Ottocento; Don Pasquale è un borghese, nella sua cultura i soldi rappresentano lo status sociale e determinano nel profondo la sfera identitaria della persona. La controparte a Don Pasquale è Ernesto, che non si rispecchia affatto nel valore borghese del denaro e vuole seguire i sentimenti anche a costo di intaccare il proprio status e quello dello zio di conseguenza. Norina vive meno contrasti, l’amore che desidera è anche il mezzo che le permetterà di raggiungere la ricchezza che non ha mai avuto. Il Dottor Malatesta agisce super partes come vero regista – a tratti quasi indifferente agli affetti in gioco – muovendo gli altri personaggi a proprio piacimento nell’affermazione di una propria superiorità intellettuale. L’arco narrativo si compie in un lieto fine amoroso che però è anche il definitivo disinganno di Don Pasquale nel suo sogno borghese, ed ha per questo un sapore agrodolce.
La linearità solo apparente della trama si inspessisce proprio grazie alle molte sfumature di caratterizzazione dei personaggi, che si delineano in modo chiaro sin dal primo atto per poi articolarsi ulteriormente. Sul piano musicale emerge a pieno la maturità di Donizetti – Don Pasquale è il suo penultimo titolo – che con una maestria senza pari passa da espressioni di grande leggerezza e malizia alla più sconsolata malinconia. Con Don Pasquale Donizetti raggiunge una propria vetta stilistica che lascia spazio al comico e al tragico, al riferimento alla tradizione (in particolare alla musica di Rossini) e all’elaborazione del proprio linguaggio musicale, ormai punto di riferimento indiscusso nel modo operistico europeo.