FEDERICO MARIA SARDELLI
Concerto in do maggiore per archi e basso continuo
Domine ad adjuvandum me salmo in sol minore per soprano, archi e basso continuo
ANTONIO VIVALDI
Concerto in sol minore RV 157 per archi e basso continuo
In furore giustissimae irae RV 626 mottetto per soprano, archi e basso continuo
WOLFGANG AMADEUS MOZART
Sinfonia n. 20 in re maggiore K. 133
Soprano
Roberta Mameli
Direttore
Federico Maria Sardelli
Orchestra dell’Opera Carlo Felice Genova
Questo appuntamento con il ciclo sinfonico Mozart l’italiano si concentra sul rapporto tra Wolfgang Amadeus Mozart e la Scuola barocca italiana, sia attraverso il Concerto RV 157 e il Mottetto RV 626 di Antonio Vivaldi, sia attraverso due composizioni di Federico Maria Sardelli.
L’attività compositiva di Federico Maria Sardelli si orienta verso lo stile dell’epoca barocca. Secondo la prospettiva del compositore, non si tratta di esercizi di scrittura formale, quanto invece di una riproduzione «dell’audace originalità e vibrante passione dell’epoca, resa viva attraverso lo spirito di scoperta». In quest’ottica si leggono chiaramente il Concerto in do maggiore per archi e basso continuo e il Salmo in sol minore per soprano, archi e basso continuo Domine ad adjuvandum me. Il Concerto in do maggiore è sato composto nel 2014, e riprende la forma in tre movimenti del concerto vivaldiano. Nel primo movimento – Allegro – l’elemento ritmico e il gioco di alternanze nelle linee degli archi sono elemento protagonista, all’Andante, dal carattere più riflessivo, segue il brillante Allegro assai finale. Il Concerto è parte della raccolta Sacred Music pubblicata da Brilliant Classics. Il Salmo Domine ad adjuvandum me è stato invece composto l’anno precedente, nel 2013, ed è costituito dalle parti Domine ad adjuvandum, Gloria Patri, Sicut erat e Amen. Torna una scrittura ritmica e armonica raffinata, dove ampio spazio è dato anche al virtuosismo della linea vocale. Il Salmo è parte della raccolta Baroque Concertos, Paslm, Chamber Music, pubblicata da Brilliant Classics.
Il Concerto in sol minore RV 157 risale probabilmente agli anni venti del Settecento. In quel periodo e fino alla fine dei suoi anni di attività Vivaldi compose circa quaranta concerti per orchestra, un genere meno frequentato rispetto al concerto per solo e orchestra. Il repertorio concertistico vivaldiano è interessante proprio per la natura del genere stesso, che permetteva al compositore di focalizzarsi meno sul virtuosismo e sulle qualità sonore del solo e più sulla struttura armonica e sulla scrittura contrappuntistica dell’insieme. Nel Concerto RV 157 si ravvisa una ricerca stilistica che si avvicina anche al gusto francese. I tre movimenti, dal carattere per lo più introspettivo, hanno in comune un’evidente tendenza al contrappunto – più marcata nel Largo. Allo stesso periodo risale il mottetto in do minore In furore giustissimae irae, RV 626. Del catalogo di musica sacra vivaldiana non si ha un quadro generale preciso, ma con buon probabilità il compositore si dedicò ad essa durante tutto il corso della sua vita, arrivando ad un totale di circa sessanta lavori tra messe, salmi, magnificat, inni, oratori e mottetti. Il mottetto aveva una struttura ben codificata, e si componeva di due arie e due recitativi per concludersi con un Alleluia. Tale struttura venne ripresa da Vivaldi in ciascuno dei suoi dodici mottetti. Nell’RV 626 la scrittura di Vivaldi si sviluppa in ragione del testo liturgico, così la prima Aria – un Allegro – nella quale il fedele si rivolge penitente a Dio, il tono è acceso e tempestoso. Nel Largo l’atmosfera cupa sfocia in un passaggio più luminoso, quando le lacrime lasciano posto al calore della presenza divina.
La Sinfonia n. 20 in re maggiore K 133 si colloca attorno alla metà del catalogo sinfonico mozartiano. Venne composta attorno al 1772, quando Mozart si trovava a Salisburgo. Tra i tratti di maggiore interesse vi sono la struttura articolata in quattro movimenti, e una scrittura orchestrale particolarmente ricca e vivace, nella quale ha un ruolo significativo l’aggiunta di due trombe e un flauto alla sezione dei fiati. Altre sottili soluzioni formali e stilistiche si ritrovano in ciascuno dei quattro movimenti, come la ripresa ‘ritardata’ del primo tema nell’ultima sezione del primo movimento in forma sonata, o l’impiego originale dell’organico archi-flauto nell’Andante. L’ultimo movimento, canonicamente definito Allegro, anche se il compositore non riportò l’indicazione in partitura, si torna alla forma sonata, ma con un tono più rivolto alla dimensione della danza.
Ludovica Gelpi