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Dove:
Teatro Carlo Felice

 

 

 

 

Il cappello di paglia di Firenze

Giampaolo Bisanti alla direzione della farsa musicale di Nino Rota. Regia di Damiano Michieletto

Farsa musicale in quattro atti di Nino Rota, libretto proprio e di Ernesta Rinaldi dalla commedia Un chapeau de paille d’Italie di Eugène Labiche e Marc Michel

Nuova versione dell’allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova in collaborazione con l’Opéra Royal de Wallonie-Liège

Personaggi e interpreti principali:

Fadinard
Marco Ciaponi

Nonancourt
Nicola Ulivieri

Beaupertuis/Emilio
Paolo Bordogna

Lo zio Vezinet
Didier Pieri

Felice
David Ferri Durà

Achille di Rosalba/Una guardia
Blagoj Nacoski

Elena
Benedetta Torre

Anaide
Giulia Bolcato

La modista
Marika Colasanto

La Baronessa di Champigny
Sonia Ganassi

Maestro concertatore e direttore
Giampaolo Bisanti

Regia
Damiano Michieletto

Scene
Paolo Fantin

Costumi
Silvia Aymonino

Luci
Luciano Novelli

Orchestra, coro e tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova
Maestro del coro Claudio Marino Moretti

Il cappello di paglia di Firenze è una delle più celebri opere di Nino Rota. Composta nel 1945 su libretto proprio e della madre, Ernesta Rinaldi, l’opera venne rappresentata per la prima volta solo dieci anni più tardi, il 21 aprile del 1955, al Teatro Massimo di Palermo. Con un’ottima accoglienza da parte del pubblico, Il cappello venne presto ripreso in altri teatri italiani da registi affermati come Giorgio Strehler alla Piccola Scala e all’estero. Il libretto è tratto dalla farsa Un chapeau de paille d’Italie di Eugène Labiche e Marc-Michel, del 1851, e si articola in quattro atti. Splendido esempio di commedia alla francese, la vicenda vede protagonista il giovane Fadinard, che il giorno delle proprie nozze con Elena si trova a dover rincorrere per tutta la città un cappello di paglia di Firenze, imbattendosi in vari personaggi, fra travestimenti, gelosie e inganni, fino a quando uno zio sordo non arriverà a salvare la situazione in tempo per il matrimonio. La trama si presta perfettamente alla trasposizione musicale, e Rota sfrutta la drammaturgia innata del soggetto, di stampo ottocentesco, per creare una ricchissima rievocazione anche parodica della storia dell’opera, riprendendo diversi stili da Mozart a Rossini a Mascagni. L’abilità del compositore sta nella capacità di restituire un’opera dal carattere personale e unitario, seppur mantenendo chiari i rimandi e le citazioni che la caratterizzano. Un altro aspetto evidente è il dinamismo drammaturgico, dovuto sì al ritmo della narrazione stessa, ma anche all’espressività musicale che il compositore padroneggiava grazie alla consistente carriera cinematografica.

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