Scene liriche in quattro quadri di Giacomo Puccini
su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa,
dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger
Personaggi e interpreti:
Mimì
Anastasia Bartoli
Serena Gamberoni (13, 20)
Rodolfo
Galeano Salas
Alessandro Scotto di Luzio (13, 20)
Marcello
Alessio Arduini
Leon Kim (13, 20)
Musetta
Benedetta Torre
Maria Novella Malfatti (13, 20)
Colline
Gabriele Sagona
Luca Dall’Amico (13, 20)
Schaunard
Pablo Ruiz
Fernando Cisneros (13, 20)
Benoît
Claudio Ottino
Alcindoro
Matteo Peirone
Parpignol
Giampiero De Paoli
Alberto Angeleri (13, 20)
Un venditore ambulante
Claudio Isoardi
Antonio Mannarino (13, 20)
Sergente
Franco Rios Castro
Doganiere
Loris Purpura
Maestro concertatore e direttore d’orchestra
Francesco Ivan Ciampa
Regia
Augusto Fornari
Scene e costumi
Francesco Musante
Luci
Luciano Novelli
Allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova
Orchestra, Coro, Coro di voci bianche e Tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Maestro del Coro di voci bianche Gino Tanasini
Direttore allestimenti scenici
Luciano Novelli
Direttore musicale di palcoscenico
Andrea Solinas
Maestri di sala
Sirio Restani, Antonella Poli
Maestri di palcoscenico
Andrea Gastaldo, Anna Maria Pascarella
altro Maestro del Coro
Patrizia Priarone
Maestro alle luci
Lorenzo Tomasini
Maestro ai sopratitoli
Simone Giusto
Aiuto del Maestro del Coro di voci bianche
Enrico Grillotti
Responsabile archivio musicale
Simone Brizio
Direttore di scena
Alessandro Pastorino
Vice Direttore di scena
Sumireko Inui
Responsabile movimentazione consolle
Andrea Musenich
Caporeparto macchinisti
Gianni Cois
Caporeparto elettricisti/cabina luci
Marco Gerli
Caporeparto attrezzisti
Tiziano Baradel
Caporeparto audio/video
Walter Ivaldi
Caporeparto sartoria, calzoleria, trucco e parrucche
Elena Pirino
Assistente alla regia
Laura Ruocco
Coordinatore trucco e parrucco
Raul Ivaldi
Scene costumi e attrezzeria
Fondazione Teatro Carlo Felice
Parrucche
Mario Audello
Sopratitoli a cura della
Fondazione Teatro Carlo Felice
L’opera in breve
di Ludovica Gelpi
La genesi della Bohème nacque quasi come una sfida tra due tra i più acclamati operisti di fine Ottocento: Ruggero Leoncavallo e Giacomo Puccini. Entrambi volevano scrivere un’opera tratta dal romanzo Scènes de la vie de bohème, di Henri Murger, pubblicato a puntate tra il 1845 e il 1848 e finalmente libero dai diritti d’autore. Puccini iniziò a lavorare alla sua Bohème nel 1893, insieme ai librettisti Luigi Illica e Giuseppe Giacosa (con i quali aveva già lavorato al suo primo successo, Manon Lescaut). A due anni di lavoro sul libretto, articolato in quattro quadri, seguirono circa otto mesi per ultimare la partitura. La bohème di Puccini venne rappresentata l’1 febbraio del 1896 al Teatro Regio di Torino, con la direzione di un giovane Arturo Toscanini, e dato l’enorme successo ottenuto, l’omonima opera del “rivale” Leoncavallo, che avrebbe debuttato nel maggio del 1897, venne presto dimenticata. In seguito Puccini introdusse alcune varianti, così da giungere nei mesi successivi alla première ad una acclamatissima versione definitiva – quella oggi diffusa.
Drammaturgia
Uno degli aspetti più accattivanti della Bohème è la sua ambientazione: la Parigi del 1830, una delle città più vivaci e stimolanti d’Europa, con la nascente cultura o sottocultura bohemienne, fatta di artisti scanzonati, per lo più poveri, ma uniti nella condivisione di un sogno fatto di estetica, ideali e avanguardia. I protagonisti della Bohème incarnano questo stile di vita: Rodolfo è un poeta – ma scrive anche articoli di giornale per sbarcare il lunario; allo stesso modo, il pittore Marcello arrotonda impiegandosi come ritrattista in un’osteria. Colline, il filosofo, è in un certo senso parodia di sé stesso, quando anziché riflettere sul senso dell’esistenza si presenta inalberato per la chiusura natalizia del banco dei pegni. Completa il gruppo un musicista, Schaunard, al quale non viene data una altrettanto fine caratterizzazione (nel romanzo di Murger il musicista è Rodolfo, forse Puccini attribuì al suo protagonista l’arte della poesia per scongiurare interpretazioni autobiografiche dell’opera). I due personaggi femminili sono antitetici, e a loro volta conoscono le difficoltà di una vita povera: Mimì vive sola in una soffitta, accanto ai bohemiens, e ricama fiori; Musetta conduce una vita dissoluta, passando da un facoltoso amante all’altro (il suo più sincero amore è Marcello). Accanto a loro si affaccenda per le strade di Parigi una varia e sfaccettata compagine umana fatta di studenti, borghesi, bottegai, venditori ambulanti, camerieri e sarte. L’unico antagonista è il funesto presagio che perseguita i protagonisti: la disillusione, la sottile e malcelata consapevolezza che arte e ideali non li salveranno. Le relazioni – amicizie fraterne, amori travolgenti e complicati – sono rappresentate nella loro commovente complessità e in un’instancabile alternanza tra la dimensione del gioco e della spensieratezza e la dimensione della disperazione. Mimì e Rodolfo si innamorano come potrebbero innamorarsi due ragazzini, ma sin dal principio la malattia di lei incombe, ed entrambi non possono che fingere la loro felicità, fino a che la finizione non si sgretola tra le loro mani. Marcello e Musetta cedono alla passione consapevoli sin dal primo istante delle loro profonde incompatibilità e dell’imminente e dolorosa fine. L’unione dei quattro amici si basa sulla goliardia, tutti loro prendono parte a una commedia, per sé e per gli altri, per nascondere il più lacerante e inconfessabile timore: il mondo li lascerà per sempre emarginati? Uno dei momenti più emblematici del contrasto tra le due dimensioni è il finale del terzo quadro, quando Mimì e Rodolfo affrontano apertamente i loro problemi di coppia. Sanno che la loro storia è giunta alla fine e ancora una volta fingono: lasciarsi in inverno è crudele, «Ci lasceremo nella stagion dei fior».
Musica
Singolare esempio dell’innato talento melodico di Puccini, La bohème è un titolo che racchiude diverse influenze musicali, dal melodramma al romanticismo tedesco, da Wagner all’ultimo Verdi, e ancora dall’opéra-lyrique alla romanza da salotto. La ricca amalgama di timbri, ritmi, dinamiche e colori è impiegata sapientemente per ricreare in musica l’ambientazione dell’opera in tutti i suoi dettagli, secondo un descrittivismo minuzioso che esplora tanto gli aspetti ambientali quanto quelli psicologici. Il rapporto tra musica e testo cantato è di simbiosi totale, le linee melodiche prendono forma con le parole, e viceversa (ciò rende ancora più chiaro il perché della lunga gestazione del libretto, e naturalmente la vincente sinergia tra Puccini, Illica e Giacosa). L’omogeneità drammaturgica e musicale nella rappresentazione psicologica del quotidiano raggiunge nella Bohème un livello di grandissima innovazione, soprattutto considerando il panorama italiano di fine Ottocento. Nessuna suddivisione in scene scandisce l’azione, il discorso musicale scorre senza soluzione dall’inizio alla fine di ciascun quadro, delineando quattro scene uniche quasi autonome e compiute nella narrazione. Ciò nonostante, il discorso musicale si mantiene coeso. Fondamentale a questo proposito è la complessa trama di motivi ricorrenti, veri e propri Leitmotiv, a simboleggiare elementi, personaggi e affetti, fino a suggerire all’ascoltatore ciò che non viene detto o rappresentato (sono quindi presenti, tra gli altri, il motivo della vita bohémienne, il motivo di Mimì e Rodolfo, quello della serata di festa al Caffè Momus). A questo aspetto si lega un elemento che tornerà in diversi lavori della maturità del compositore, ovvero la “reminiscenza”, esplicita nel dialogo tra Mimì e Rodolfo: «Sono andati? Fingevo di dormire». Nell’ultimo istante di vita di Mimì, i due innamorati ricordano i momenti trascorsi insieme, alla memoria “drammaturgica” si unisce quella musicale, tornano così nella parte orchestrale e nelle linee vocali i temi centrali della loro storia, in particolare «Sì, mi chiamano Mimì» e «Che gelida manina», con sottili variazioni di tonalità e di modo a segnalare il doloroso insieme di affetti: dolcezza e disperazione.