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MA 25/06/2024 Ore 20:00 Biglietti non più disponibili
Dove:
Teatro Carlo Felice

Durata
Prima parte: 35 minuti
Intervallo: 20 minuti
Seconda parte: 25 minuti
Durata complessiva: 1 ora e 20 minuti

 

 

 

Novecenti

Riccardo Minasi dirige l’Orchestra e il Coro dell’Opera Carlo Felice Genova nel concerto di fine stagione

CLAUDE DEBUSSY
Prélude a l’après-midi d’un faune L. 87

FRANCIS POULENC
Gloria per soprano, coro e orchestra F.P. 177

MAURICE RAVEL
Le tombeau de Couperin
(Fugue e Toccata nell’orchestrazione di Gianluca Cascioli, prima esecuzione assoluta)

Soprano
Giulia Semenzato

Direttore
Riccardo Minasi

Orchestra e Coro dell’Opera Carlo Felice Genova
Maestro del coro Claudio Marino Moretti

Il Prélude a l’après-midi d’un faune (Preludio al meriggio di un fauno) è uno dei brani più rappresentativi del tardo-Ottocento francese. Claude Debussy lavorò alla composizione tra il 1892 e il 1894, per riprendere diversi anni dopo la strumentazione e ultimarne la versione definitiva. La prima esecuzione si tenne il 22 dicembre 1894  alla Societé Nationale de Musique, con la direzione di Gustave Doret. Il compositore si ispirò a un poema di Stephane Mallarmé, nel quale il poeta racconta le fantasie amorose / erotiche di un fauno in un pomeriggio d’estate. La rilettura musicale di Debussy è fortemente evocativa, benché non espressamente dichiarato dal compositore, il Prélude si avvicina alla forma del poema sinfonico (un brano la cui struttura e il cui contenuto si basano su materiale non musicale, come può essere un testo letterario o filosofico, un’esposizione artistica ecc.). Il Preludio si apre con un celebre tema costituito da una scala cromatica inizialmente affidato al flauto, strumento centrale nella composizione e evocativo del fauno protagonista, si tratta di un tema di grande espressività, sensuale e nostalgico allo stesso tempo. L’orchestra irrompe poi quasi a figurare l’enfasi della fantasia del fauno, la cui immaginazione palpita. È l’orchestra ad introdurre in un secondo momento un tema sognante e cantabile, che si unisce all’irrequieta linea del flauto in quello che diventa un vibrante sospiro di desiderio. La portata rivoluzionaria del brano sta nella congiunzione tra innovazione formale, un uso personalissimo dell’armonia (il tema principale è costruito su una scala esatonale), e un’invenzione melodica di rara preziosità. Prélude a l’après-midi d’un faune ebbe sui contemporanei di Debussy un impatto unico in un momento cruciale, nel quale la cultura musicale europea tendeva a grandi stravolgimenti.
Il Gloria per soprano, coro e orchestra, risale al 1959, e quindi all’ultimo periodo compositivo di Francis Poulenc. Il compositore aveva riscoperto la propria fede a seguito di grandi turbamenti personali, e tra gli anni ’40 e ’50 si dedicò in più occasioni alla composizione di musica sacra. Il brano è strutturato come da tradizione nelle sezioni Gloria, Laudamus te, Domine Deus, Domine filii unigenite, Domine Deus – Agnus Dei, Qui sedes ad dexteram Patris. Il lavoro di Poulenc si caratterizza per una visione molto personale del rapporto tra musica e testo sacro, incentrata sull’elemento ritmico. È lo stesso suono delle parole a dettare il ritmo musicale. Un altro aspetto sorprendente è l’alternanza di momenti di grande gioia e scherzosità dei quali sono protagonisti il coro e l’orchestra (come Gloria e Laudamus te) – dei quali Poulenc disse: «Nello scrivere ho semplicemente pensato a quegli affreschi di Bozzoli nei quali gli angeli tirano fuori la lingua e anche a quei seri monaci benedettini che un giorno sorpresi a giocare a pallone» – a momenti di più composta riflessione e preghiera, come il Domine Deus e il Domine Deus – Agnus Dei, nei quali spicca la presenza del soprano. Le parti corali evocano la lode a Dio con un tono che passa da reminiscenze di canti popolari a veri e propri trionfi epici, come avviene nella sezione finale Qui sedes ad dexteram Patris. Brani come questo ricordano la grande libertà formale, armonica e melodica di un compositore autodidatta come Francis Poulenc, che ebbe modo durante la sua vita di esplorare senza vincoli tante possibilità compositive, in un ambiente culturale in continuo fermento creativo.
Le tombeau de Couperin nasce, nella versione originaria per pianoforte, nel 1917. Maurice Ravel era da poco rientrato dalla tragica esperienza sul fronte durante la Prima Guerra Mondiale, e decise di riprendere una composizione iniziata prima della partenza, una suite ispirata al modello settecentesco, dedicando ciascuno dei sei brani ad un amico morto in guerra. Ecco spiegate le ragioni del titolo, Elegia per Couperin, che richiama sia il ricordo degli amici perduti, sia l’omaggio al Settecento musicale. La suite si compone di un Preludio, una Fuga, una Forlana, un Minuetto, un Rigaudon e una Toccata, alternando quindi brani strumentali e danze tipicamente settecenteschi in uno stile neoclassico e originale. Solo tre anni più tardi, nel 1920, Ravel lavorò all’orchestrazione del Tombeau in vista di una rappresentazione in forma di balletto. Il nuovo arrangiamento non incluse i brani Fuga e Toccata, che vengono però eseguiti in questa occasione in prima assoluta nell’orchestrazione di Gianluca Cascioli. Per Ravel era comune comporre inizialmente per pianoforte e in seguito orchestrare, questo approccio ebbe grandissima importanza nel suo processo creativo e in un certo senso spiega alcuni degli aspetti che si colgono con immediatezza all’ascolto. Le linee melodiche e le armonie, sempre sorprendenti nella loro originalità – sono lineari e cristalline. L’impasto orchestrale mantiene la semplicità originaria, alla quale viene aggiunto colore con un gioco di timbri ricercato e di raffinatezza unica.

Ludovica Gelpi

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