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VE 29/11/2024 Ore 21:00 Biglietti non più disponibili
Dove:
Teatro degli Impavidi, Sarzana

 

 

 

Wiener Klassik

Kolja Blacher in veste di solista e direttore con l’Orchestra dell’Opera Carlo Felice Genova. In programma musiche di Mozart e Beethoven

WOLFGANG AMADEUS MOZART
Concerto per violino e orchestra n. 5 in la maggiore K 219

LUDWIG VAN BEETHOVEN
Sinfonia n. 1 in do maggiore op. 21

Direttore e solista
Kolja Blacher

Orchestra dell’Opera Carlo Felice Genova

Al dicembre del 1775 risale il Concerto n. 5 per violino e orchestra in la maggiore K. 219 di Wolfgang Amadeus Mozart, che chiude la mirabile serie di Concerti realizzati nei mesi precedenti. Questo è detto anche essere il “Türkisch Konzert” poiché nel tempo conclusivo vi appare un episodio «alla turca» simile per stile e sonorità a quelli del Ratto dal serraglio e della Sonata per pianoforte K. 332. D’altra parte in quegli anni l’esotismo ispirato alla musica turca era di gran moda nel mondo austroungarico. Il primo tempo è un Allegro indicato come «aperto» proprio per sottolineare da un lato la schiettezza, dall’altro l’inconsueto episodio lirico che lo attraversa, che secondo alcuni osservatori intendeva essere un aperto omaggio allo stile dell’amico violinista Antonio Brunetti. Meditativo e inquieto è invece l’Adagio centrale, che proprio in ragione di tale carattere “introverso” venne poi rimpiazzato da un Adagio più cantabile, anche se in epoca moderna è correttamente invalsa l’abitudine di eseguire il tempo lento originario. Nel Rondò conclusivo l’episodio «alla turca» si nota a maggior ragione per il fatto che interrompe improvvisamente, con la sua vivacità ritmica e coloristica, l’andamento manierato di un tradizionale Minuetto settecentesco.
I residui della tradizione settecentesca sono ancora rintracciabili nelle prime due Sinfonie di Ludwig van Beethoven, se l’Andante della Sinfonia n. 1 in do maggiore op. 21 arieggia quello della Sinfonia in sol minore K. 550 di Mozart e se l’introduzione della Seconda è esemplata dagli ultimi modelli sinfonici di Haydn. Il carattere generale della Prima, opera del 1800, potrebbe indubbiamente richiamare Haydn se il ritmo non assumesse una nuova funzione nel discorso musicale. Il ritmo è infatti quello che sostiene, dopo un’introduzione lenta piena di tensione con il suo carattere elusivo, il primo tema dell’Allegro con brio, elaborato con vigorosa e luminosa energia, e anche il secondo soggetto, più melodico e divertito ma sempre sorretto da scansioni cadenzate, che aiutano una nuova dialettica nella sezione dello sviluppo. Nell’Andante cantabile con moto Beethoven adotta la forma-sonata e il modello mozartiano sembra evidente almeno nello spunto iniziale, peraltro meno dotato di ambiguità; ma ancora una volta il discorso ritmico risalta, come nel passo dell’insistente pedale dei timpani. Certamente originale, anzi del tutto nuovo, è il Minuetto che nulla trattiene delle cadenze settecentesche, irrompendo invece aggressivo e rapido come uno Scherzo in un vortice di vitalità tutta venata di chiaroscuri, che appena concede una breve pausa nel Trio, giocato sul contrasto timbrico dei legni e degli archi. Il finale Allegro molto vivace, preparato da un breve e a suo modo eccentrico Adagio con la sua scaletta ascendente (una sezione di proverbiale difficoltà per i direttori d’orchestra), è in forma di rondò dal tono irresistibilmente brioso e giocoso, non privo di episodi «improntati a una giovialità un po’ facile», come ha notato Giovanni Carli Ballola.

Enrico Girardi

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