Dramma comico in due atti di
Gioachino Rossini
su libretto di Cesare Sterbini,
dalla commedia di Pierre Beaumarchais
Solisti dell’Accademia di alto perfezionamento e inserimento professionale dell’Opera Carlo Felice Genova diretta da Francesco Meli
Figaro
Carlo Sgura
Gabriele Barria (15/18/20)
Rosina
Greta Carlino
Giulia Alletto (15/18/20)
Il Conte d’Almaviva
Paolo Nevi
Manuel Caputo (15/18/20)
Don Bartolo
Gianpiero Delle Grazie
Willingerd Gimenez (15/18/20)
Don Basilio
Davide Sabatino
Antonino Arcilesi (15/18/20)
Berta
Gabriella Ingenito
Martina Saviano (15/18/20)
Fiorello
Ernesto de Nittis
Un ufficiale
Angelo Parisi
Franco Rios Castro (15/18/20)
Maestro concertatore
e direttore d’orchestra
Giancarlo Andretta
Regia e impianto scenico
Damiano Michieletto
Regia ripresa da
Andrea Bernard
Costumi
Carla Teti
Luci
Luciano Novelli
Allestimento della Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Orchestra, coro e tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Maestro ai recitativi Sirio Restani
Direttore allestimenti scenici
Luciano Novelli
Direttore musicale di palcoscenico
Andrea Solinas
Maestri di sala
Sirio Restani, Antonella Poli
Maestri di palcoscenico
Andrea Gastaldo, Anna Maria Pascarella
altro Maestro del Coro
Patrizia Priarone
Maestro alle luci
Bernardo Pellegrini
Maestro ai sopratitoli
Simone Giusto
Responsabile archivio musicale
Simone Brizio
Direttore di scena
Alessandro Pastorino
Vice Direttore di scena
Sumireko Inui
Responsabile movimentazione consolle
Andrea Musenich
Caporeparto macchinisti
Gianni Cois
Caporeparto elettricisti/cabina luci
Marco Gerli
Caporeparto attrezzisti
Tiziano Baradel
Caporeparto audio/video
Walter Ivaldi
Caporeparto sartoria, calzoleria, trucco e parrucche
Elena Pirino
Coordinatore trucco e parrucco
Raul Ivaldi
Scene, costumi e attrezzeria
Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Sopratitoli a cura della
Fondazione Teatro Carlo Felice
L’opera in breve
di Ludovica Gelpi
Il barbiere di Siviglia è un dramma comico in due atti che Gioachino Rossini compose su commissione di Francesco Sforza Cesarini tra la fine del 1815 e l’inizio del 1816, per il Teatro Argentina di Roma. Il compositore appena ventitreenne era già uno tra i più affermati operisti del tempo, e gestiva contemporaneamente numerosissime richieste. Nel dicembre del 1815, quando firmò il suo contratto con il Teatro Argentina, andava in scena Torvaldo e Dorliska al Teatro Valle di Roma, la successiva La gazzetta sarebbe stata rappresentata solo pochi mesi dopo Il barbiere. La commissione di Sforza Cesarini prevedeva una prima rappresentazione della nuova opera per il Carnevale del 1816, così Rossini insieme al librettista Cesare Sterbini, fu in grado di ultimare il lavoro in soli due mesi e in tempo per la première, che si tenne il 20 febbraio 1816. La scelta del soggetto, l’omonima commedia di Pierre Beaumarchais del 1775, fu piuttosto ardita, era infatti ben nota al pubblico la versione del Barbiere di Giovanni Paisiello, del 1782. In segno di rispetto al compositore della Scuola napoletana, la prima rappresentazione del Barbiere rossiniano si tenne con il titolo Almaviva, o sia L’inutile precauzione.
L’opera ebbe sin da subito un successo grandioso – fatta eccezione per la prima rappresentazione, dove numerosi sostenitori di Paisiello fischiarono Rossini – fu e ad oggi rimane il lavoro rossiniano più amato e rappresentato.
Il barbiere di Siviglia è da molti considerato l’opera buffa per eccellenza, rappresentando quasi tutti gli espedienti narrativi che la caratterizzano. La trama si snoda tra stratagemmi, travestimenti e inganni, gli innamorati Conte d’Almaviva e Rosina sono aiutati dal complice Figaro contro l’ostilità di Don Bartolo e del suo fidato amico, Don Basilio. I personaggi conservano i tratti stereotipici, ma ciascuno ha una caratterizzazione ben distinta e originale. Il Conte alterna momenti da “vero tenore buffo”, in cui dichiara i propri sentimenti con spontanea ingenuità, a momenti in cui la maschera sembra cadere, con grande schiettezza il giovane fintamente trasognato passa a più o meno sottili coercizioni e affermazioni di potere. Rosina alterna indecisione e determinazione, indolenza e sfacciataggine, ma si dimostra abbastanza volitiva da prendersi apertamente gioco di Don Bartolo. Quest’ultimo è forse il personaggio più propriamente “buffo”, basso burbero e geloso, perspicace nell’individuare l’inganno anche se non in grado di decifrarlo a pieno. Figaro, il personaggio più celebre, avanza con sicumera cercando di ordire la trama, c’è però da dire che ciascuno dei suoi stratagemmi fallisce miseramente. Le macchinazioni di Figaro determinano l’affermazione degli stilemi dell’opera buffa, ma Rossini e Sterbini suggeriscono non troppo velatamente e con grande cinismo che gli unici efficaci mezzi risolutivi del conflitto sono lo status e i soldi. È chiaro che, se all’inizio del primo atto il Conte d’Almaviva si fosse presentato alla porta di Don Bartolo esigendo la mano di Rosina, nessuno avrebbe potuto negargliela, non il tutore e nemmeno la fanciulla. Si determina proprio in questa chiave l’unicità della drammaturgia rossiniana: da una parte un’esaltazione magnificamente compiuta del genere buffo, dall’altra la capacità di donargli ulteriore profondità introducendo un nuovo livello di lettura.
Il piano musicale è teatro di un’incredibile varietà espressiva. Proprio dato il numero esorbitante di impegni, spesso Rossini riutilizzava materiali composti in precedenza – talvolta già parte di altre composizioni, talvolta inediti. La stessa imminenza delle molteplici scadenze giocava un ruolo fondamentale nel pungolare la creatività di Rossini, che anni dopo scrisse: «Aspettate fino alla sera prima del giorno fissato per la rappresentazione. Nessuna cosa eccita più l’estro come la necessità, la presenza d’un copista che aspetta il vostro lavoro e la ressa d’un impresario in angustie, che si strappa a ciocche i capelli. A tempo mio in Italia tutti gli impresari erano calvi a trent’anni». Il genio di Rossini si rivela così nella capacità senza pari di rielaborare brani eterogenei in un nuovo “tutto”, all’interno del quale trovano parimenti spazio varietà e coesione. La ricchezza di stili emerge sin dalla Sinfonia d’apertura (originariamente composta per Aureliano in Palmira, nel 1813), brillante affresco di sfumature e contrasti dalla lenta introduzione all’Allegro che ne segue. Lo stesso vale per le linee vocali dei solisti e per le parti corali – tra sillabazione e declamazione, melodismo intenso, belcanto puro. La costante e totale sinergia tra scrittura orchestrale e scrittura vocale è il fondamento dell’immediatezza espressiva dell’opera, che mantiene da capo a fine un sostenuto ritmo narrativo, scorrevole e sempre nuovo e sorprendente.
La recita di giovedì 20 giugno 2024 è dedicata alla trentesima Festa della Musica