LUDWIG VAN BEETHOVEN
Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 61
GIORGIO FEDERICO GHEDINI
Musica notturna per orchestra da camera (1947)
Violino
Elisabetta Garetti
Pier Domenico Sommati
SERGEJ PROKOF’EV
Sinfonia n. 1 in re maggiore Classica op. 25
Violino
Giovanni Andrea Zanon
Direttore
Donato Renzetti
Orchestra dell’Opera Carlo Felice Genova
Il Concerto per violino e orchestra op. 61 è uno dei pochi lavori che Beethoven dedicò a questo organico, insieme alle Romanze op. 40 e op. 50, risalenti al 1802. La composizione avvenne negli ultimi mesi del 1806, in vista della prima esecuzione che si sarebbe tenuta al Theater an der Wien il 23 dicembre. Il Concerto reca una dedica a Franz Clement – primo interprete e direttore dello stesso Teatro – e venne in qualche misura pensato per il solista, in un periodo particolarmente felice della vita artistica del compositore. Il Concerto si compone di tre movimenti: il primo, Allegro ma non troppo in forma sonata è singolarmente esteso. La cellula ritmica introdotta al principio dal timpano è colonna portante dell’intero movimento insieme ai due temi principali. Il Larghetto, in forma di tema con variazioni, ha carattere meditativo e si pone quasi in funzione introduttiva al terzo movimento, che senza interruzioni inizia sulla cadenza finale del secondo. Il Rondò finale è il momento di maggior virtuosismo ed estro compositivo, l’elemento ritmico rimane centrale e emerge soprattutto nel ritornello dal carattere danzante. Sebbene all’inizio l’accoglienza fu piuttosto tiepida, il Concerto op. 61 si affermò nei decenni successivi come uno dei brani beethoveniani più amati dal grande pubblico, nonché uno dei più fortunati esempi del genere.
Giorgio Federico Ghedini (1892 – 1965) è un compositore talvolta non abbastanza riconosciuto nel panorama italiano del Novecento. I suoi lavori, fra teatro musicale, musica sinfonico-corale, musica sacra e musica da camera, hanno raccolto importanti influenze quali il tardo romanticismo, le avanguardie di inizio secolo e la tradizione rinascimentale e barocca (soprattutto sul piano timbrico). Musica notturna per orchestra da camera risale al 1947, e rappresenta la vena più intimista del compositore. In un movimento unico e con un organico raccolto, Musica notturna dipinge un paesaggio ove regna un’inquietudine a tratti sottile a tratti travolgente (che vede protagonisti gli archi), con brevi momenti di intensa dolcezza (dove spiccano maggiormente i fiati). Nella notte ghediniana, la complessa relazione tra ombra e luce si traduce in un linguaggio musicale atonale ma instancabilmente teso ad una tonalità che sfugge sino alla fine. Con questa composizione, Ghedini sembra preannunciare quello che negli ultimi anni di attività sarebbe stato il ritorno ad un linguaggio più melodico.
La Sinfonia Classica nasce dall’intento dichiarato di comporre nello stile di Haydn, particolarmente congeniale a Prokof’ev durante gli anni di studio a San Pietroburgo. Questa scelta non voleva cadere nel puro esercizio di imitazione, si trattava piuttosto di una rilettura dello stile classico con strumenti aggiornati e secondo una prospettiva inscindibile dal contesto storico assai diverso. Prokof’ev si interrogò su come Haydn avrebbe composto se fosse vissuto al suo tempo, e nell’estate del 1917, appena prima che la Rivoluzione lo inducesse a trasferirsi in America, ultimò la sua prima sinfonia, che venne eseguita sotto la sua stessa direzione a Leningrado il 21 aprile 1918. Formalmente questa sinfonia ripercorre gli esatti stilemi del modello classico viennese, con il primo movimento, Allegro, in forma-sonata, il Larghetto dall’andamento lirico e melodico, la Gavotta come rimando alla danza settecentesca e il vivacissimo Finale. Il maggior elemento di innovazione, la quota novecentesca del brano, è un uso dell’armonia sicuramente meno stabile e misurato, più imprevedibile. Rimangono evidenti alcuni degli aspetti che definiscono la personalità musicale di Prokof’ev, come la ritmica percussiva e una sottile ironia; ciò conferma ulteriormente l’originalità della composizione, in cui la presenza di un ‘io’ compositivo ben definito si percepisce in modo chiaro.
Ludovica Gelpi