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VE 20/10/2023 Ore 21:00 Biglietti non più disponibili
Dove:
Teatro della Gioventù

Biglietti:
I biglietti di ingresso sono offerti da uno sponsor e si possono ritirare gratuitamente, per un massimo di 2 biglietti a persona, presso la biglietteria del Teatro Carlo Felice e, compatibilmente alla disponibilità, la sera presso il luogo dell’evento.

La biglietteria del Teatro della Gioventù è aperta dalle ore 16.00 fino a 15 minuti dopo l’inizio dello spettacolo

Durata:
Durata complessiva 1 ora e 10 minuti

 

 

 

 

Inaugurazione Teatro della Gioventù

Riapre il Teatro della Gioventù. Musiche di Marco Stroppa

MARCO STROPPA

Hidinefte, o l’altra faccia di Traiettoria.
1ª faccia, Recto/Verso
per elettronica

Why should you run?
With me
due brani per elettronica solistica
prima esecuzione assoluta

Little i 
per flauti ed elettronica da camera,
dal ciclo The enormous room

Flauto
Steven Haschke

Elettronica
Marco Stroppa 

In collaborazione con Conservatorio Niccolò Paganini di Genova

Nota d’autore
di Marco Stroppa

Un filo nascosto percorre i tre brani presentati questa sera: quello dell’evoluzione del mio mondo elettronico fra il 1989 ed oggi.

In Hidinefte, certe parti dell’elettronica di Traiettoria (per pianoforte ed elettronica) sono state riprese, ordinate, equalizzate e missate diversamente in modo da generare un’altra forma che riveli tutte le sfumature che, nella versione con il pianoforte, potevano essere nascoste dall’interazione con lo strumento. Tutti i suoni elettronici sono stati generati con modelli interamente sintetici (sintesi additiva e per modulazione di frequenza). La prima parte (recto) comincia in modo ritmico e travolgente e termina con una sonorità granulosa e acuta, mentre la seconda parte (verso) comincia in modo più silenzioso e quieto e termina in un crescendo sempre più veemente.

I due brani successivi (Why should you run? e With me), ancora caldi, perché appena usciti dal mio… forno compositivo, sono tratti dalla parte elettronica di Come Play with Me (un concerto per elettronica solistica e orchestra scritto nel 2019 per il festival di Donaueschingen in Germania). In quel contesto, il solista era un “totem elettroacustico”, una colonna di 7 altoparlanti posizionati uno sopra l’altro con direzioni diverse. In questa versione puramente elettronica, invece, la colonna è stata “appiattita” in 7 canali orizzontali. Un movimento dall’alto verso il basso, da esempio, si trasforma in un movimento da dietro a sinistra, attraverso il centro e fino a dietro a destra. La parte elettronica consiste in suoni generati da modelli fisici (Modalys) che possono evocare qualche strumento elementare (delle ance, degli ottoni, degli strumenti percussivi, degli archi) oppure il canto. Ad esempio, il primo brano comincia con lo sviluppo sonoro dei fonemi di “why” – u a i – (prodotti con un software, OMChant, che ho sviluppato io stesso) e sfocia in una corsa continua (run), una specie di moto perpetuo di superfici metalliche percosse da bacchette inflessibili sulle quali si sovrappongono altre sonorità più dolci.

Scritto su domanda di Cécile Daroux grazie a una commissione del festival Octobre en Normandie, il titolo little i significa, letteralmente, “piccolo io”, ma all’orecchio può anche voler dire “occhiolino”, oltre al fatto che “piccolo” in francese o inglese, indica l’ottavino. Come tutti i brani per strumento solista ed elettronica da camera, è ispirato da una poesia del poeta statunitense E. E. Cummings (poema 52 dai “73 poemi”):

who are you, little i

(five or six years old)
peering from some high

window; at the gold

of november sunset

(and feeling:that if day
has to become night

this is a beautiful way).

Il termine “elettronica da camera”, di mia invenzione, suggerisce una relazione da camera e più intima, fra lo strumentista e le sorgenti elettroniche invisibili che lo circondano e che costituiscono i suoi partner musicali. Il tutto ha luogo sulla scena, e non, come nei precedenti brani elettronici, anche intorno al pubblico.

Particolare cura è stata data alla collocazione del flautista in quattro diverse posizioni, nonché alla disposizione delle quattro sorgenti elettroacustiche sul palco. Le varie relazioni fra il flautista, l’amplificazione del flauto (talvolta situata a distanza dallo strumento) e lo spazio generato dall’elettronica (eco, moltiplicazione, distanziazione, separazione, ecc.), generano una “drammaturgia spaziale” che definisce l’architettura del brano.

Ad esempio, all’inizio il flautista sta al centro del palco, ma il più dietro possibile e suona una frase melodica lenta e piano. Il suono diretto del flauto non è quindi percepibile, ma la sua amplificazione, abbastanza forte, esce dai due altoparlanti posti al centro del palco davanti. Anche l’elettronica è situata negli stessi altoparlanti, ma si muove continuamente avanti e indietro tra di essi, avvicinandosi o allontanandosi così dallo strumento stesso e creando una sorta di effetto “tunnel”.

Nel terzo movimento, il flautista suona sulla sinistra del palco con un’articolazione percussiva e morbida. La sua amplificazione, però, esce sul lato opposto. La dissociazione dei segnali visivi e acustici è quindi orizzontale, rispetto al pubblico (nel primo movimento era verticale). L’elettronica qui è costituita da materiale molto simile a quello suonato dallo strumentista. Strutturalmente questo movimento è un canone a velocità diverse. Tuttavia, la prima “voce” dell’elettronica esce dall’altoparlante vicino al flautista, mentre le altre voci escono in altre posizioni. Data la somiglianza dei materiali, ad un certo momento, non è più possibile discriminare chi sta suonando quale linea. Lo strumento e i suoi partner virtuali sono qui inestricabilmente intrecciati tra loro.

La forma globale mostra una struttura ad arco (lento melodico – vivo ritmico – moderato percussivo – vivo energetico – lento armonico) con una grande varietà di combinazioni fra le sezioni per flauto o elettronica solistiche e le parti d’insieme. In questo brano, il materiale elettronico è molto semplice e consiste soprattutto in pezzetti di motivi di flauto registrati, spazializzati e trattati nel mio studio personale.

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