RICHARD WAGNER
Tannhäuser Ouverture
(versione Dresda)
BÉLA BARTÓK
Concerto per viola e orchestra SZ 120
ANTONÍN DVOŘÁK
Sinfonia n. 9 in mi minore Dal nuovo mondo op. 95 (B. 178)
Viola
Timothy Ridout
Direttore
Riccardo Minasi
Orchestra dell’Opera Carlo Felice Genova
Tannhäuser è il sesto lavoro operistico di Richard Wagner, realizzato a distanza di pochi anni dal precedente Der Fliegende Holländer e dal seguente Lohengrin, e rappresentato per la prima volta a Dresda il 19 ottobre 1845 sotto la direzione del compositore stesso. L’opera, su libretto proprio, si ambienta in epoca altomedioevale e si ispira alle leggende del trovatore Tannhäuser e alle gare poetiche dei cantori del Wartburg. Il nucleo narrativo è il conflitto tra amore carnale/tentazioni terrene e amore spirituale, raggiungibile solo tramite la redenzione cristiana. Il protagonista è afflitto da questo fondamentale turbamento, che l’Ouverture riassume musicalmente. L’apertura con un Andante maestoso espone il celebre tema del canto dei pellegrini, riferito alla sfera della purezza, l’Allegro che segue anticipa invece il tema che Tannhäuser dedicherà a Venere e che rappresenta l’eros travolgente. Nella sezione finale ritorna il canto dei pellegrini, a significare il percorso di redenzione del protagonista e la vittoria dello spirito.
Quando Bartók morì, il 26 settembre 1945, aveva quasi ultimato il suo ultimo lavoro, il Concerto per viola e orchestra commissionatogli dal violista scozzese William Primrose. Affidò al suo più caro allievo, Tibor Selby, il compito di orchestrarlo sulla base degli abbozzi da lui preparati. Il Concerto venne eseguito per la prima volta postumo, nel 1949 a Minneapolis. Bartók, trasferitosi a New York per ragioni politiche nel 1940, aveva sofferto nei suoi ultimi anni una condizione di abbandono, gravava inoltre su di lui la forte nostalgia per l’Europa, nella quale si indentificava culturalmente e artisticamente. Nel suo Concerto per viola, ritmi e armonie riportano alla cifra stilistica europea del compositore, con frequenti cenni al folclore rumeno della sua terra natìa – proprio attraverso questa ricerca popolare Bartók realizzava la sua personale lettura della contemporaneità musicale. Nell’arco dei tre movimenti Moderato, Adagio religioso e Allegro vivace in continuità tra di loro, la linea della viola raggiunge momenti di grande virtuosismo e lirismo. È in particolare l’Adagio religioso a esprimere l’anima creativa di Bartók, sia nel legame con le proprie radici anche religiose, sia nell’unione fra tradizione e innovazione.
La Sinfonia n. 9 è l’ultima di Dvořák, e reca il titolo Dal nuovo mondo proprio perché il compositore se ne occupò tra il 1892 e il 1893 durante un soggiorno a New York, dove era stato nominato direttore del National Conservatory. Si tratta del suo lavoro sinfonico più noto, il cui tratto caratteristico è la commistione tra sinfonismo europeo e spunti soprattutto armonici derivanti dall’attento studio che il compositore svolse sulla musica popolare americana, specificatamente dei nativi e della comunità afroamericana. I riferimenti all’armonia del “nuovo mondo” sono impliciti e sottili, così che l’impatto generale sia quello di una grande sinfonia europea dal sapore nuovo. Il primo movimento, costituito da una breve sezione Adagio a cui segue il travolgente Allegro molto, introduce il celebre tema che verrà poi ripreso nei movimenti seguenti. Il Largo si snoda attorno a una melodia elegiaca affidata inizialmente al timbro caldo del corno inglese (è questo un esempio di tema costruito su una scala armonica ispirata alla musica dei nativi, tale da risultare “esotico” all’ascolto sebbene composto originalmente da Dvořák e inserito in un contesto formale tradizionale). L’ampio e articolato Scherzo si apre con una micro-citazione all’incipit del secondo movimento della Nona di Beethoven, segue l’Allegro con fuoco finale a raccogliere i temi dei precedenti movimenti in un trionfo sinfonico che rappresenta il degno saluto a questo genere da parte del compositore.
Ludovica Gelpi