Melodramma tragico in tre atti di
Giuseppe Verdi
su libretto di Francesco Maria Piave,
dal poemetto di George Byron
Personaggi e interpreti:
Corrado
Francesco Meli
Medora
Irina Lungu
Seid
Mario Cassi
Gulnara
Olga Maslova
Selimo
Saverio Fiore
Giovanni
Adriano Gramigni
Un eunuco
Giuliano Petouchoff
Uno schiavo
Matteo Michi
Maestro concertatore
e direttore d’orchestra
Renato Palumbo
Regia
Lamberto Puggelli
Scene
Marco Capuana
Costumi
Vera Marzot
Maestro d’armi
Renzo Musumeci Greco
Luci
Maurizio Montobbio
Assistente alla regia
Pier Paolo Zoni
Allestimento della
Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova
in coproduzione con il
Teatro Regio di Parma
Orchestra, coro e tecnici dell’Opera Carlo Felice
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Direttore allestimenti scenici
Luciano Novelli
Direttore musicale di palcoscenico
Andrea Solinas
Maestri di sala
Sirio Restani, Antonella Poli
Maestri di palcoscenico
Andrea Gastaldo, Anna Maria Pascarella
altro Maestro del Coro
Patrizia Priarone
Maestro alle luci
Silvia Gasperini
Maestro ai sopratitoli
Simone Giusto
Responsabile archivio musicale
Simone Brizio
Direttore di scena
Alessandro Pastorino
Vice Direttore di scena
Sumireko Inui
Responsabile movimentazione consolle
Andrea Musenich
Caporeparto macchinisti
Gianni Cois
Caporeparto elettricisti/cabina luci
Marco Gerli
Caporeparto attrezzisti
Tiziano Baradel
Caporeparto audio/video
Walter Ivaldi
Caporeparto sartoria, calzoleria, trucco e parrucche
Elena Pirino
Coordinatore trucco e parrucco
Raul Ivaldi
Scene, costumi e attrezzeria
Fondazione Teatro Carlo Felice
Fondazione Teatro Regio di Parma
Attrezzeria
E. Rancati
Calzature
Epoca
Sopratitoli a cura di
Enrica Apparuti
L’opera in breve
di Ludovica Gelpi
Verdi compose Il corsaro in un periodo di intensissima attività, a soli pochi mesi dal lavoro precedente, Macbeth, e da quello successivo, Luisa Miller: si trattava dei suoi “anni di galera”. Il compositore si trovava a Parigi e nell’inverno tra il 1847 e il 1848, dovendo rispettare una consegna all’editore Francesco Lucca, si dedicò alla realizzazione di questo melodramma tragico in tre atti pur senza avere ancora chiaro quando e se l’opera si sarebbe rappresentata. Il soggetto, l’omonimo poemetto di George Byron, aveva attirato l’attenzione di Verdi nel 1844, tant’è vero che già allora ne aveva affidata la riduzione a libretto d’opera a Francesco Maria Piave. La storia ripercorre le avventure di un gruppo di corsari, tra cui il protagonista Corrado, della sua amata Medora, e ancora del pascià Seid con i suoi soldati musulmani, le sue odalische e la prediletta Gulnara. I personaggi vivono tra amori travolgenti, battaglie e intrepide avventure in mare. È una vicenda in pieno spirito romantico, molto affine agli ambienti culturali milanesi e parigini frequentati da Verdi. Nonostante lo slancio iniziale, e forse anche per la frenesia di quel periodo professionale, il compositore non si interessò molto al destino della propria creazione, tanto che non partecipò alla prima rappresentazione, il 25 ottobre 1848 al Teatro Grande di Trieste. La fortuna del Corsaro fu scarsa, dopo le prime messe in scena l’opera non fu più rappresentata fino al 1963, ed è a oggi uno dei lavori verdiani meno frequenti nei cartelloni lirici.
La drammaturgia viene talvolta rilevata come punto debole dell’opera, eppure i personaggi sono ben caratterizzati e trovano il giusto spazio in un’azione coesa e concisa. Il protagonista ha un passato misterioso: non sappiamo perché Corrado, un uomo dal forte senso dell’onore e capace di sentimenti sinceri, si sia “convertito” a una vita da mercenario, fatta di scontri e violenza. La complessità del suo personaggio, un vero eroe romantico ricco di contrasti, è resa in modo efficace lungo il corso dell’opera. Medora, dal canto suo, ha meno spazio in scena rispetto agli altri co-protagonisti, ma tanto basta perché il suo amore tormentato venga delineato con rara intensità. Allo stesso Seid, antagonista puro, non mancano sfumature affascinanti: il pascià passa dalla crudeltà e dalla spietatezza rivolta ai nemici e in particolare a Corrado, alla vulnerabilità di fronte alla prediletta Gulnara – che pure tiene prigioniera e reputa un proprio possesso. Gulnara, l’altra donna, colei che per Corrado non potrà mai essere Medora, è un personaggio di enorme forza romantica: nonostante un destino ingrato, che l’ha resa prima prigioniera dell’amore malato di Seid e poi del proprio, non ricambiato, per Corrado, la giovane si batte per il suo ideale di libertà, per il quale è pronta diventare assassina e rischiare la propria vita. La dimensione corale, singolarmente varia, prende forma tra l’esotismo misterioso delle odalische del pascià, tra l’animosa accoratezza delle ancelle di Medora, e si infuoca nelle scene di battaglia, tanto tra gli scalmanati corsari di Corrado quanto tra i risoluti soldati e duci musulmani di Seid. L’ultima scena, quasi un finale aperto, riunisce i principali tratti di ciascun personaggio, lasciando scegliere allo spettatore se Corrado andrà incontro alla morte straziato dal dolore, cedendo definitivamente agli abissi del suo male, o se verrà salvato dai compagni corsari, fino a poter magari un giorno amare Gulnara come ha amato Medora.
La musica di Verdi offre passaggi di grande lirismo e intensità drammatica nell’esaltazione dei momenti di maggior pathos, ma anche coesione e scorrevolezza nelle scene di distensione. Non mancano i riferimenti alla tradizione italiana della prima metà dell’Ottocento, la solida consapevolezza acquisita negli anni ’40, ma si percepisce il desiderio di un’evoluzione sia nella scrittura musicale sia nella struttura formale. Con Il corsaro Verdi si prepara a chiudere il suo “primo periodo” alla ricerca di nuovi spunti, per giungere a quelle personalissime intuizioni che di lì a poco l’avrebbero consacrato con i suoi celebri Rigoletto, Il trovatore e La traviata e che avrebbero definitivamente cambiato la storia del melodramma con i lavori sperimentali della piena maturità.