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ME 03/07/2024 Ore 20:00 Biglietti non più disponibili
Dove:
Teatro Carlo Felice

Blacher

Kolja Blacher, direttore e solista, alla guida dell’Orchestra dell’Opera Carlo Felice per il Paganini Genova Festival

MAX BRUCH
Concerto per violino n. 1 in sol minore op. 26

WOLFGANG AMADEUS MOZART
Ouverture da Le nozze di Figaro K. 492

LUDWIG VAN BEETHOVEN
Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92

Direttore e solista
Kolja Blacher

Orchestra dell’Opera Carlo Felice Genova

L’ouverture de Le Nozze di Figaro è uno dei brani di Mozart più eseguiti in forma autonoma, rispetto al resto dell’opera di cui è posta in apertura. Questa indipendenza è probabilmente ascrivibile alla compiutezza dell’ouverture stessa e a un carattere di prorompente vivacità molto ben definito. Non ha alcun legame tematico con il resto dell’opera ma serve a connotarne lo spirito. Dopo tutto, il titolo originario del lavoro di Beaumarchais, che ispirò Mozart e Da Ponte è pur sempre La Folle Journée, ou le Mariage de Figaro.

Di Max Bruch (1838-1920),  il musicologo Sergio Martinotti ha scritto: «Escludendo le grandissime figure di Wagner e Brahms, Bruch  fu il compositore più tipico del secondo Ottocento germanico […] che riuscì ad assicurare la stabilità del repertorio ad una sua composizione: il Concerto in Sol min. per violino e orchestra». La permanenza di tale composizione nel repertorio violinistico si deve alla sua fluente discorsività supportata da un’abile scrittura violinistica, da un’orchestrazione estroversa e coadiuvata dall’originalità nel modo di trattare la forma musicale. Il primo movimento del concerto ha la caratteristica di non rispettare la tradizionale forma sonata ma si distingue per l’uso di una libera struttura di Preludio. Il secondo movimento, l’intimo ed espressivo Adagio,  rappresenta il cuore del concerto e dà peraltro conto della capacità di Bruch di elaborare e sviluppare una felice idea melodica. L’ultimo movimento (Allegro energico) è di ambientazione zigana, probabilmente  omaggio del compositore all’illustre dedicatario del concerto: il grande violinista di origini magiare Joseph Joachim.

La Settima Sinfonia fu scritta da Beethoven fra l’autunno 1811 e il giugno 1812 e la sua prima esecuzione si tenne l’8 dicembre 1813 nella sala dell’Università di Vienna, durante un concerto in favore dei soldati feriti nella battaglia di Hanau. L’esecuzione fu un trionfo assoluto e consacrò Beethoven come il più importante compositore vivente, così come riferisce il resoconto sulla serata di Ludwig Spohr, il quale insieme agli altri compositori Johann Nepomuk Hummel e Giacomo Meyerbeer, partecipò attivamente all’esecuzione suonando nell’orchestra.  È una composizione da cui si sprigiona una grande gioia, una felicità incondizionata forse riconducibile al fatto che Beethoven in quel periodo aveva superato la crisi esistenziale legata alla sordità. Come elemento tecnico compositivo della Settima sinfonia, vale la pena sottolineare che in essa il ritmo assurge a vero e proprio  principio germinatore. In tutta la composizione, per quanto attiene agli elementi ritmici, Beethoven vi insiste in una maniera inusitata con un’efficacia e un’intensità che non si ritrova nelle sue precedenti creazioni. Su questo capolavoro del repertorio sinfonico scisse così Hector Berlioz: «È il miracolo della musica moderna, in cui genio e arte profondono i più potenti effetti della melodia, dell’armonia, dell’orchestrazione». Famosa divenne anche l’opinione di Richard Wagner: «Questa sinfonia è l’apoteosi della danza in sé stessa: è la danza nella sua essenza superiore, l’azione felice dei movimenti del corpo incarnati nella musica».

Francesco Ottonello

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